Il regno macedone e la sua gloriosa storia

La Macedonia, come regione storica, abitata sin dalla Preistoria dall’omonimo popolo di stirpe illirica, fu tardivamente sfiorata dalla civiltà greca tanto da essere considerata per molto tempo dagli antichi greci una regione abitata da barbari.
I Macedoni, popolo di contadini e pastori, trovarono l’unità politico-territoriale sotto l’azione unificatrice di una dinastia di re,gli Argeadi(Oἱ Ἀργεάδαι), che realizzò una monarchia etnica di tipo arcaico-feudale in totale contrapposizione ai valori in cui,invece, si rispecchiavano le poleis greche.
La famiglia reale degli Argeadi, originaria di Ege( situata nella Macedonia inferiore), aveva cominciato ad estendere il proprio dominio sulle regioni più interne e montagnose della Macedonia, consolidando col tempo il controllo su quasi tutta la Macedonia storica.
Gli Argeadi, secondo una leggenda, discendevano da un certo Temeno di Argo, che era scappato insieme ai suo tre fratelli da quella città, donde il nome di Temenidi dato ai re macedoni.
Erodoto ci dà una lista dei primi sette re: Perdicca, Argeo, Filippo, Aeropo, Alceta, Aminta e Alessandro.
Dei primi non si dispone di una storia certa, più che altro sono tramandate leggende sul loro conto. Di Aminta invece si sa che fu, dapprima, alleato ai Pisistratidi, rendendo in seguito il regno macedone vassallo ai Persiani.
Il figlio Alessando I, parteggiando per i Persiani durante la prima guerra persiana, si riavvicinò opportunisticamente  al mondo greco dopo la battaglia di Platea, con la definitiva sconfitta dei Persiani. Alessando I estese i confini, e affermò l’origine argiva dei Macedoni, così da poter partecipare ai giochi olimpici, ospitando alla sua corte il poeta Pindaro. Per la sua politica di riavvicinamento all’Ellade fu detto “Filoelleno”, cioè “amico degli elleni”.
Nella guerra del Peloponneso, i Macedoni si schierarono contro Atene poiché quest’ultima con la fondazione di Anfipoli, minacciava di precludere l’accesso al mare alla Macedonia.
Con la pace di Nicia (421), la Macedonia si riavvicinò ad Atene. Il re Archelao I (413-399 a.C.) mantenne relazioni di amicizia con Atene, compì varie riforme interne, e allargò il suo dominio sulla Tessaglia. Inoltre, spostò la capitale del regno da Ege a Pella, che divenne presto un centro di cultura e di arte ( vi soggiornò anche Euripide).
Con la morte di Archelao I la Macedonia piombò in un periodo di anarchia e lotte interne, nel quale il regno combatté anche, con l’aiuto spartano, la Lega calcidica(guidata da Olinto) che aveva occupato parte della Macedonia inferiore. La guerra si concluse con la vittoria macedone-spartana e con lo scioglimento della Lega.
FILIPPO II
Dopo questo periodo di confusione, sorse sulla scena politica del regno macedone, il personaggio di Filippo II, figlio del re Aminta III.
Nato nel 382 a.C., era il figlio più giovane di Aminta III e della moglie Euridice. Prima di salire al trono fu preceduto dai fratelli Alessandro II e Perdicca III. A causa della politica filo-ateniese, il fratello Alessandro II si inimicò i Tebani ( allora potenza egemone, sconfitti gli Spartani che avevano imposto il loro dominio sulla Grecia,dopo la vittoria nella guerra del Peloponneso), che imposero un trattato ai Macedoni e pretesero 30 ostaggi. Uno di questi era il fratello del re Alessandro, Filippo(all’epoca quattordicenne). Alloggiato in una casa di un generale tebano, Filippo ebbe l’opportunità di assistere all’addestramento del famigerato Battaglione Sacro(corpo d’elite dell’esercito tebano,formato da 150 coppie di amanti omosessuali), ma poté vedere in azione anche la tecnica della falange obliqua tebana, una variante della tradizionale falange oplitica, in cui si attaccava da sinistra la destra dell’avversario. Oltre ad acquisire importanti competenze tattico-militari, Filippo imparò gli intricati meccanismi della politica interna degli stati greci. Inoltre Filippo assimilò il sistema di valori vigente nel mondo greco, così da potersi presentare ,un giorno, alla vista dei greci come un principe “alla greca” pronto ad esercitare il proprio prestigio a vantaggio di tutta la comunità ellenica.
Intanto in Macedonia, Alessandro II veniva assassinato in una congiura di palazzo, ordita dall’ambizioso Tolomeo di Aloros che diventò reggente del fratello del re assassinato, Perdicca III, che era ancora minorenne. Divenuto maggiorenne, Perdicca vendicò il fratello e fece uccidere Tolomeo. Perdicca, però, morì in una battaglia ai confini del regno macedone, contro le tribù illiriche. Allora Filippo II, ritornato da Tebe, divenne reggente dell’erede al trono Aminta IV, figlio e successore di Perdicca. Filippo prima di divenire re ,spodestando il nipote, sconfisse i Peoni e gli Illiri e li ridusse in vassalli, e conquistò molti territori in Tracia. Non appena divenne re, Filippo, mettendo in pratica le conoscenze apprese a Tebe, avviò una profonda riorganizzazione dell’esercito macedone, riformando le forze di fanteria: la falange macedone, su modello di quella tebana, fu dotata di armi molto potenti quali la sarissa, e avrebbe potuto dimostrare presto la propria superiorità tattica. Potenziò anche la cavalleria, dotandola anch’essa di sarissa, in cui vi inquadrò i famosi Eteri(Ἑταῖροι,letter.”compagni”), provenienti dall’aristocrazia macedone.
Così l’esercito macedone, da un’armata di rozzi guerrieri poco disciplinati, potè diventare una formidabile macchina da guerra. Filippo, infine, potenziò anche le macchine d’assedio.
Dopo aver riorganizzato l’esercito, e compiute alcune riforme politiche volte a limitare il potere dell’aristocrazia, Filippo II si dedicò all’espansione dei confini del territorio macedone. Grazie a vittorie, alleanze e matrimoni, Filippo sottomise definitivamente la Tracia(dove egli fondò Filippopoli), la Macedonia, l’Epiro e la Tessaglia .Nel 338 a.C., il re macedone invase la Grecia centrale occupando il passo delle Termopili e impossessandosi di Amfissa e di Naupatto. Tebe, Atene e altre poleis minori, preoccupate, già da prima che avvenisse questo fatto, per l’espansionismo macedone, decisero di allearsi e di opporre resistenza a Filippo. Lo scontro decisivo avvenne a Cheronea, dove Filippo schiantò gli eserciti greci alleati.
Alla battaglia partecipò attivamente anche il figlio sedicenne di Filippo, Alessandro, che guidava la cavalleria,  e fu grazie alla carica di Alessandro e dei suoi uomini che la formazione nemica si ruppe e si mise in fuga, però i meriti gi furono sottratti dal padre, e ciò fu uno dei tanti motivi delle tensioni tra i due, alimentate anche dalla madre di Alessandro, la bellissima regina epirota Olimpiade(Olimpia secondo altre fonti).
Nella battaglia di Cheronea, venne per la prima volta messa alla prova l’unità tattica macedone che si dimostrò nettamente superiore.
Nel 337 a.C. Filippo, ormai arbitro della Grecia, riunì le principali poleis greche nella Lega di Corinto da lui presieduta. Con questa mossa si preparava segretamente ad attaccare il Regno persiano, suo sogno, anche se prima aveva concluso dei trattati con i Persiani. Ma un altro “campo di battaglia” su cui il re dovette confrontarsi fu quello familiare. Attratto molto dal fascino femminile, si dice che Filippo abbia avuto sette mogli. Una di queste era la bellissima regina epirota Olimpiade dalla quale  Filippo ebbe Cleopatra di Macedonia che diverrà regina d’Epiro, e Alessandro che si renderà artefice di gesta memorabili e immortali. Alessandro nacque nel 356 a.C. a Pella, per il quale, suo padre Filippo scelse come precettore Aristotele, affinché guidasse il figlio nella formazione culturale. Filippo, poi, per stimolarne le capacità militari, lasciò ad Alessandro alla guida del paese quando egli era assente o affidandogli il comando della cavalleria. I loro rapporti, però,  non furono dei migliori, anche per via della forte personalità accentratrice di Olimpiade, che vegliava sui diritti ereditari del figlio, per il timore che Filippo nominasse erede al trono il figlio avuto dalla sua nuova moglie, Cleopatra Euridice. La situazione divenne sempre più tesa, finchè Alessandro e la madre non vennero allontanati dalla corte. Poco dopo, però, Filippo richiamò Alessandro per sottrarlo all’influenza della madre, ma nel 336 a.C., in un banchetto ad Ege, il re veniva assassinato da una guardia reale, un certo Pausania, forse istigato da Olimpiade e dai Persiani(la partecipazione di Olimpiade al regicidio non è certa, ed è ancora argomento di dibattito tra gli storici). Si infrangeva così il sogno di Filippo di conquistare la Persia, progetto che però verrà ripreso da Alessandro.
ALESSANDRO IL GRANDE
Salito al trono col nome di Alessandro III, all’età di vent’anni, Alessandro, educato al culto del sapere e della poesia da Aristotele e rimasto molto affascinato dai poemi omerici in particolare, si diceva discendesse per parte di padre da Eracle e per parte di madre da Achille.
Immediatamente il giovane re si occupò di consolidare il proprio potere facendo sopprimere tutti i possibili rivali al trono.
Consolidato il proprio potere Alessandro iniziò ad espandere la propria autorità nei Balcani con l’appoggio della Lega di Corinto, a danno delle tribù illiriche dei Triballi, Agriani e Dardani.
Dopo le vittorie nei Balcani, tuttavia si diffuse la falsa notizia che Alessandro fosse morto in battaglia. A questa notizia, Tebe e Atene, con alte poleis, si sollevarono contro le guarnigioni macedoni stanziate nelle città greche. Alessandro, venuto a conoscenza della sollevazione in Grecia, marciò verso la città beotica l’assediò e  la rase al suolo, lasciando però intatti  i templi e la casa di Pindaro. Con Atene fu meno duro, e richiese la consegna dei personaggi ateniesi che più erano stati avversi ai Macedoni, tra i quali anche l’oratore Demostene che però fuggì.
Ottenuta così l’egemonia sulla Grecia, poté dedicarsi alla Persia. Alessandro nominò Antipatro come reggente durante la sua assenza, e nella primavera del 334 a.C., sbarcò in Persia con 40.000 uomini. Il nucleo principale era costituito da macedoni affiancati da piccoli contingenti degli alleati greci. Alessandro era seguito anche da geografi, naturalisti e storici, come Callistene ‘’cronista’’ ufficiale dell’impresa e Strabone, geografo. Dario III Codomano, re dei Persiani, non ebbe né il tempo né la capacità di organizzare un’adeguata resistenza. L’esercito persiano, sebbene numeroso, era disorganizzato e aveva armi obsolete al confronto con quelle macedoni, e solo la flotta,le cospicue risorse finanziare e la cavalleria davano sicurezza, ma Alessandro attaccò in anticipo, così da evitare di essere tagliato fuori dal controllo della Grecia, come aveva intenzione di fare Dario III. Vinti i Persiani nella battaglia presso il fiume Granico (334 a.C.), Alessandro trovò la via spianata verso le città dell’Asia minore, ma il re persiano, gli si mosse contro con un poderoso esercito. Nella piana di Isso (333 a.C.) i due eserciti si scontrarono, e il re macedone riportò il più grande trionfo della sua impresa. Dario III fu costretto alla fuga, lasciando un generoso bottino e addirittura le figlie e la moglie. La vittoria di Isso ebbe una straordinaria risonanza in tutto il mondo greco e consolidò ancora di più la posizione di Alessandro alla vista dei Greci.
Superato anche quest’ostacolo, i Macedoni occuparono Siria, Fenicia, Cirenaica ed Egitto,dove Alessandro venne salutato dalle folle come un liberatore e visto come l’erede dei faraoni, facendo visita anche al tempio di Zeus-Ammone. Ma la cosa più importante che fece in Egitto, il re , fu quella di fondare una città, Alessandria, destinata ad avere uno straordinario futuro, divenendo il centro culturale del Mediterraneo, con la fondazione di molte scuole filosofiche e teologiche.
Dall’Egitto, Alessandro tornò in Asia, sbaragliando ancora una volta i Persiani di Dario a Gaugamela (332 a.C.). Ciò gli permise di occupare senza trovare resistenza tra le maggiori città persiane come Babilonia, Susa e Persepoli e di farsi quindi proclamare sovrano d’Asia, sposando una principessa del luogo, Rossane e intraprendendo una politica sincretica volta ad unire l’elemento greco con quello persiano(anche molti ufficiali macedoni si uniranno con  principesse persiane).
Dario III veniva ucciso dall’usurpatore Besso, e Alessandro non potè che tributargli gli onori funebri, proclamandosi ufficialmente successore al trono di Persia e facendo catturare e giustiziare Besso, proclamatosi re dei Persiani con il nome di Artaserse IV.
Congedati gli stanchi soldati macedoni, Alessandro procede con un esercito mercenario verso le altre satrapie persiane, fondando piazzeforti e città e procedendo verso l’India, dove nella battaglia dell’Idaspe sconfiggerà il re indiano Poro,tuttavia lasciandolo sul trono,però, come vassallo dell’Impero Macedone. Volendosi inoltrare ancora più in avanti, i soldati stremati dalle lunghe marce si ribellarono e Alessandro fu costretto a ritornare indietro.
Ricevuti gli omaggi da molte ambascerie ‘occidentali’, tra le quali anche quella romana, il re aveva in progetto l’invasione dell’Arabia e, si dice, in un disegno di più ampio respiro, di arrivare a confrontarsi con Cartagine per il dominio del Mediterraneo occidentale(infatti fece costruire 100 nuove navi per tenersi pronto ad un inevitabile conflitto) e forse Roma, non avrebbe potuto che restare a guardare dinnanzi alla potenza straordinaria dell’Impero macedone, se Alessandro non fosse stato colto da febbri malariche, secondo alcuni, o da cirrosi epatica, secondo altri, spegnendosi a soli 33 anni. Con esso si chiuse la breve storia dell’Impero macedone, e la Macedonia ritornerà “piccola” divenendo una delle diadochie in cui si dividerà l’Impero di Alessandro dopo la sua morte. Bisogna riflettere su come quei “barbari” conquistarono quasi tutto il  mondo allora conosciuto, sotto l’urto devastante delle loro invincibili armate, per aprire poi il periodo dell’ellenismo, caratterizzato da una straordinaria fioritura di scienze, pensieri e arti, ma segnato dalle più profonde divisioni politiche e da ambizioni personali dei vari diadochi, che saranno poi,per prima la Macedonia di Filippo V, costretti a soccombere ad una nuova potenza militare devastante: ROMA.
 LA SITUAZIONE DELL’IMPERO MACEDONE DOPO LA MORTE DI ALESSANDRO
 
Dopo la morte di Alessandro, l’Impero si divise. La reggenza dell’Impero, in un primo momento venne affidata al generale Perdicca, in attesa che la moglie di Alessandro, Rossane, desse un erede al trono. Rossane, diede alla luce un bambino, Alessandro IV, di cui Perdicca avrebbe dovuto esserne reggente. Una parte dell’esercito invece proclamò successore di Alessandro, un suo fratellastro,Filippo Arrideo, che tuttavia era inadatto per quel ruolo siccome era afflitto da gravi turbe mentali. Morto Perdicca (Alessandro IV ,che poi verrà ucciso, era ancora troppo piccolo per governare), che aveva strutturato l’Impero in modo federativo affidando ai generali macedoni ciascuno la sua satrapia, scoppiarono il caos e l’anarchia. Alla fine l’Impero, si divise e il risultato fu la nascita di tre regni ellenistici (gestiti dagli Epigoni, i figli e successori dei diadochi):
-la Macedonia, spopolata ed impoverita, andò agli Antigonidi
-L’impero Seleucide, governato dall’omonima dinastia, che comprendeva Siria, Mesopotamia e le satrapie orientali.
-l’Egitto, governato dai Tolomei.
Queste potenze, gestite dai loro re ambiziosi e aventi manie di grandezza, si combatterono in guerre fratricide(alla fine erano tutti macedoni, almeno i governanti a differenza dei popoli).
Tutto questo non fece che indebolire i regni ellenistici che scompariranno per opera della potenza romana, nonostante vi fosse fiorita una floridissima cultura sincretica tra elementi greci ed elementi delle popolazioni conquistate dai Macedoni, che finirà per conquistare i Romani e influenzare poi il mondo occidentale di lì a venire.
La Macedonia, finì annientata nelle cosiddette guerre macedoniche dai Romani, che con la Battaglia di Pidna nel 168 a.C., misero piede nell’Ellade e in Macedonia.
Il regno dei Seleucidi, lo stesso , finì per soccombere alle invasioni di alcune tribù nomadi e dei Parti ,oltre che per mano romana. L’Egitto dei Tolomei , con la battaglia di Azio nel 31 a.C. tra Ottaviano, difensore della romanità , e la flotta di Marco Antonio(che,si presume volesse creare un regno indipendente da Roma, siccome l’Egitto ancor prima di essere conquistato era già finito sotto influenza romana) e Cleopatra, si arrese dinnanzi  all’Urbe.

Così si concluse il periodo dei regni ellenistici, come si era concluso il breve ma glorioso periodo dell’Impero di Alessandro prima, per veder sorgere l’aquila di Roma, che rimarrà conquistata dall’ellenismo che finirà per influenzare fortemente il pensiero occidentale e la storia europea.

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Silvestro II tra storia e leggenda

Silvestro II, al secolo Gerberto d’Aurillac, fu uno tra gli uomini più enigmatici della Roma cattolica e forse anche dell’Europa intera. Sembra strano che proprio quell’epoca, l’Alto Medioevo, ricca di superstizioni , paure , isterie di massa e leggende sull’apocalisse che avrebbero inghiottito il mondo, abbia avuto come protagonista in Europa proprio un personaggio astruso per molti  e giudicato addirittura  “servitore di Satana” come Gerberto. Ciò continuò ad aumentare i timori e le superstizioni dei popoli europei, che temevano la venuta del Male sulla Terra e la sua distruzione.
Ma vediamo chi era e cosa fece il futuro papa, per guadagnarsi diversi appellativi, tra cui ‘’papa-mago’’.
Nato nel 950 nel paesino alverniate di Aurillac, da una famiglia umile di contadini, Gerberto si appassionò alla vita religiosa e decise di entrare nel monastero del suo paese.
Un giorno, venne a far visita al monastero, un conte spagnolo (Borrell II di Barcellona) che notandolo tra tutti, per intelligenza e vivacità, decise di portarlo con sé in Spagna. Si dice che l’abate del monastero avesse detto al conte di portare Gerberto con sé, ma ciò fu dovuto sicuramente alla vivacità di Gerberto, che aveva avuto non pochi problemi con i quieti monaci.
Fu in Spagna che la sua vita cambiò radicalmente….Allora il Paese era diviso politicamente e territorialmente, e la maggior parte era in mano agli Arabi.
A contatto con la loro cultura, egli si appassionò all’astronomia e alla matematica, scienze che i Mori avevano portato con sé e di cui erano grandi studiosi, e più tardi anche alla politica e al diritto.
Divenne un grande studioso anch’esso, e per seguire gli eruditi arabi, si dice avesse abiurato addirittura la fede cristiana per recarsi a Cordova e sottoporsi ad arcane pratiche di iniziazione, ma la realtà, molto probabilmente, è che vi giunse per motivi riguardanti lo studio di scienze quali la matematica, siccome rimase affascinato dalla cultura araba. Dal suo genio nacquero, si dice, diverse invenzioni come un rudimentale planetario, un orologio meccanico e un organo a vapore, di cui non c’è rimasta traccia, poiché alla sua morte venne tutto distrutto. Ciò gli attirò le inimicizie e le dicerie di molti , soprattutto tra il  popolo e un certo clero, che cianciavano e vedevano la grande sapienza di Gerberto come frutto di legami col demonio e ad attività esoteriche, ma accrebbe anche la sua fama di uomo studioso in Europa.
Giunto a Roma, al seguito del conte di Barcellona che l’aveva portato con sé in Spagna, incontrò papa Giovanni XIII e l’imperatore Ottone I. La  fama di uomo coltissimo che aveva Gerberto, indusse il papa  a persuadere Ottone I a nominare Gerberto  come precettore dei suoi figli. L’Imperatore ascoltò i consigli del papa e decise di  nominarlo precettore del futuro Ottone II e  gli permise anche di studiare presso la scuola della cattedrale di Reims, in Francia.
Ottone II, asceso al trono nel 982 nominò Gerberto  abate presso il convento di Bobbio, ma egli tornò a Reims e dopo la morte dell’Imperatore, nel 984,  si trovò coinvolto in aspre  lotte politiche per la successione ad Adalberone arcivescovo di Reims.
Gerberto era candidato ad essere il nuovo arcivescovo, ma il re di Francia, Ugo Capeto, nominò Arnolfo, che tuttavia nel 991 venne deposto per sospetta congiura ai danni del re. Gerberto aveva la strada spianata e venne nominato arcivescovo di Reims, prima grande carica che rivestì nella sua vita, ma vi fu una così forte opposizione alla sua nomina, anche da parte del nuovo papa Gregorio V, che venne sospeso dall’incarico episcopale e scomunicato perché giudicato impostore e apostata, ma poco dopo gli fu tolta la scomunica e negata la sua abiura, per l’influenza di Ottone III, che era diventato una sorta di ‘protettore’ di Gerberto.
Nominato arcivescovo di Ravenna nel 997, si segnalò per le sue ferventi critiche allo strapotere papale e alle sue ingerenze nelle nomine vescovili e quando Gregorio V morì, non senza sospetti (Roma era pervasa dagli scontri tra l’aristocrazia locale e i papi filo-germanici e forse la morte di Gregorio V è da attribuire all’aristocrazia romana), nel 999 Gerberto venne nominato papa da Ottone III.
Gerberto assunse il nome di Silvestro II e fu il primo papa francese a salire sul trono di S.Pietro, e non poteva esserci personaggio più adatto, con la fama di ‘mago’ ed eretico che si era creata, ad officiare la messa del 31 Dicembre del 999, nella Basilica di S.Pietro, stracolma di fedeli che aspettavano disperati la fine del mondo, ma sappiamo come andò.
La popolazione, e soprattutto l’aristocrazia romana non vedevano di buon occhio un papa straniero, filo-germanico, collaboratore della restaurazione imperiale che Ottone III progettava, poiché sua grandissima ambizione era di ricreare l’Impero Romano.
Ottone III fece costruire un palazzo sull’Aventino, proprio dinnanzi al Palatino sede dei palazzi imperiali, per poi stabilirvisi. In ogni caso, Silvestro II, uomo astuto e colto, seppe liberarsi dell’influenza imperiale.
Il nuovo papa guardò all’est Europa, nelle terre degli Slavi. Concesse la corona a Stefano, costituendosi così il Regno d’Ungheria e sostenne la costituzione di chiese nazionali in Polonia.
Si batté contro la simonia e il concubinaggio diffusisi a dismisura tra il clero e scrisse, tra le sue opere,  anche un trattato intitolato “De corpore et sanguine Domini”.
Nel 1001 però i Romani, aizzati dall’aristocrazia, insorsero contro il papa e l’imperatore costringendoli a fuggire a Ravenna e Ottone III guidò senza successo tre spedizioni per riprendersi Roma, e nell’ultima trovò la morte.
Silvestro fece ritorno a Roma l’anno successivo, quando oramai il potere della famiglia aristocratica dei Crescenzi era forte e godeva dell’appoggio dei romani.
Silvestro II morì nel 1003, con non pochi misteri dietro la sua morte, poiché è molto probabile che fosse morto per avvelenamento, come molti altri papi che lo avevano preceduto, perché stranieri e invisi alle famiglie nobili di Roma.
A Silvestro II si devono la diffusione in Europa della matematica, dell’astronomia e la reintroduzione dell’abaco e realizzò anche diversi scritti matematici, oltre che ecclesiastici. Inoltre volle la traduzione dall’arabo di diversi scritti che trattavano di astronomia.
Questa la storia ufficiale di Gerberto d’Aurillac, divenuto papa col nome di Silvestro II, ma stando a diverse leggende, si scopre una “storia” totalmente alternativa, che seppur molto inverosimile, non può che risultare affascinante.
Essere colti e studiosi a quei tempi, il più delle volte, soprattutto per il popolo minuto e il clero più reazionario, equivaleva ad essere sostenitori, servi o in combutta col Demonio.
Gerberto venne accusato di questo, di essere  un mago, un impostore, un eretico, un negromante  e qualcuno addirittura sosteneva fosse l’Anticristo fattosi uomo.
Secondo molti Satana aveva voluto aiutarlo a diventare pontefice.
Si racconta[1] che quando era ancora un monaco, Gerberto,  avesse incontrato un vecchio noto per essere sacerdote della Dea Luna e grande conoscitore dei segreti degli astri, il quale predisse a Gerberto che avrebbe incontrato “ombra che gli avrebbe svelato la verità”.
Trovandosi a Roma al seguito del conte di Barcellona, Borrell II, un giorno passeggiando per il Campo Marzio notò una statua malridotta ed irriconoscibile. La notte si recò lì con una vanga e scoprì che sotto quella statua vi era un pozzo sul cui bordo vi era una scala.
Gerberto si calò fino in fondo, dove scoprì che c’era una porta socchiusa. Apertala, vide che all’interno della stanza vi erano un re e una regina , rispettivamente con una maschera d’oro e d’argento. Il re disse a Gerberto, che benché fosse solo un umile monaco , egli poteva avere finalmente il libro della verità ma aggiunse che non avrebbe mai potuto toccarlo.
Il re affidò ad un servo arabo di nome Nadir il compito di custodire il libro.(da notare che nella leggenda il personaggio custode di un libro così importante e fonte di cultura era un arabo, per cui ciò sta a significare come a quei tempi i veri custodi della conoscenza e delle scienze, quali l’astronomia, fossero gli “infedeli Mori”, secondo la logica che vuole che in quasi ogni leggenda si trovi un barlume di verità, ovvero che la grande cultura di Silvestro anziché a fantomatici patti col Diavolo fosse dovuta agli studi presso gli eruditi arabi che aveva compiuto in Spagna).
La regina invece regalò a Gerberto un anello costituito da fili d’oro, d’argento e di rame, intrecciati e sormontati dalla stella di re Salomone, così potente da svelargli tutti i segreti della vita.
Disfattosi, in seguito , del custode arabo del libro, Gerberto ebbe così la possibilità di consultare il libro che gli rivelò come diventare amico dei potenti. Dopo poco tempo, Gerberto divenne papa, ma nel libro, espressione diabolica, gli venne imposta una condizione: non recarsi mai a Gerusalemme, dove aveva predicato Cristo, nemico dei diavoli.
Comunque accettò l’invito di tenere messa a Gerusalemme, poiché da poco aveva richiesto ai regni cristiani di liberare Gerusalemme dagli Arabi, ma pensò che sarebbe bastato recarsi in terra santa.  Quando si trovò a consacrare l’ostia ebbe un malore e prima di spirare, si dice , disse tali parole: “Miei diletti sono costretto ad allontanarmi per sempre, sento che sto per morire. Satana reclama la mia anima, per un patto che mi lega a lui. Mi ero impegnato a non calpestare la santa terra di Gerusalemme, ma non ho mantenuto la promessa. Sono pentito e chiedo a Dio di perdonarmi, voglio anche che nessuno guidi i buoi che tirano il carro con la mia salma. Che si fermino dove vorrà”. [1]
I buoi però si fermarono esattamente in S.Giovanni in Laterano, dove poi Gerberto venne sepolto.
Altra leggenda riguarda la sua tomba. Si dice che quando stia per morire un Papa essa trasudi acqua e si inumidisca di conseguenza. Ancora un’altra leggenda  afferma che nel 1684 quando la sua tomba venne aperta, il suo corpo era ancora intatto, ma poi si volatilizzò senza lasciar traccia, lasciando solo il suo anello con la celebre locuzione latina “Sic transit gloria mundi”.
Stando ad altre dicerie popolari, si narra che Gerberto si fosse fatto costruire una maschera d’oro che rispondeva a qualsiasi domanda in modo affermativo o negativo. Secondo Gerberto questo procedimento corrispondeva al calcolo con due cifre. Possibile che fosse dotato di una macchina analitica in codice binario?
Un’ultima leggenda vuole che il suo successo fosse dovuto ad un incontro avuto con la fata Meridiana a Reims. Gerberto rimase ammaliato da lei o dalla sua scienza (forse invece che una fata era semplicemente un’adepta a riti esoterici?). Per conquistarla si indebitò e perse tutto ciò che aveva, ma inutilmente. Un giorno, aggirandosi disperato per un bosco, Gerberto incontrò Meridiana che in cambio della fedeltà assoluta , gli promise potere e conoscenza. Gerberto si riprese economicamente e ritornò vescovo(era stato sollevato dall’incarico, perché considerato impostore da Gregorio V).
In questa leggenda, si evincono caratteristiche care alla favola medievale( come la donna corrompesse un uomo giusto, fino a portarlo alla disperazione).
CONSIDERAZIONI
Ogni leggenda spiega l’ascesa di Silvestro II grazie a legami con forze maligne, pagane  e anticristiane, anziché alla sua grande erudizione di cui restarono affascinati Giovanni XIII e la dinastia ottoniana, mentre il popolo minuto rimase  impaurito e guardò con i soliti pregiudizi e paure infondate gli uomini colti e dediti alle scienze orientali come Gerberto.
Si può parlare di Silvestro II come personaggio sottovalutato dagli storici e incompreso da molti nella sua epoca ? Certamente. Un uomo così erudito, non poteva che capitare in un’epoca peggiore piena di isterie ingiustificate come quella dell’Alto Medioevo.
A Silvestro II dobbiamo molte cose, e forse fu il primo in Europa a dare impulso allo studio dell’astronomia in particolare, oltre che la reintroduzione dell’abaco. Un vero “eretico” di cui si parla troppo poco, un papa “contro-corrente”, riformatore e studioso, contro la corruzione diffusa a dismisura nel clero, ambizioso e audace, capace di studiare le “ scienze degli infedeli” in un’epoca colma di bigottismi e dove quasi ogni cosa era vista come “opera del maligno”.
Uno che fece storcere il naso a molti (gli ignoranti s’intende) e di cui pochi intesero( e intendono) il suo genio.
[1] Roma Esoterica, Salvatore Spoto
Andrea Altieri
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L’occultismo nazista

Il mondo intero conosce il nazismo per la sua grande potenza militare, per la sua volontà di dominare il mondo per la scia di terrore e morte che in una quindicina di anni ha seminato lungo tutta l’Europa.
Ma vi è un altro nazismo, molto più nascosto, a tratti misterioso ed indecifrabile, vale a dire il grande e particolare universo del Nazismo
occulto.
Secondo August Kubizek che si ritiene sia stato uno dei pochissimi amici durante la fanciullezza, del futuro Fuhrer, le ossessioni, di quest’ultimo, nei confronti del mondo della magia è dell’occultismo ebbero inizio molto presto nel 1904.
Hitler aveva compiuto da poco 15 anni e dopo aver assistito ad un’opera di Wagner, cominciò a proferire di “una missione che il destino gli aveva riservato” e che “avrebbe esentato la sua razza dalla servitù.
Già in tenera età Adolf Hitler usò quindi espressioni che utilizzò successivamente nel suo celebre scritto, il Mein Kampf.
Da quel momento Hitler si occupò sempre più assiduamente di magia, misticismo ed occultismo, sembrava quasi come un qualcosa che giorno dopo giorno attirava sempre più il futuro dittatore.
Hitler era particolarmente attratto ed affascinato dal “Parzival”, un poema del ciclo del Graal. In questo poema vi era un personaggio che lo colpiva più di tutti un certo Klingsor, che secondo hitler era la trascrizione letteraria di un personaggio realmente esistito, il tiranno Landolfo II di Capua scomunicato nell’875 per essersi servito della magia nera con l’intento di acquisire il potere assoluto.
Hitler si identificò immediatamente in lui, anche perché entrambi soffrivano dello stesso problema fisico, avevano entrambi un solo testicolo.
Adolf Hitler era solito usare un’affermazione che recitava “La forza senza un fondamento spirituale è destinata a fallire. »
E’ proprio sulla base di questa affermazione che i seguaci dell’occultismo nazista pensavano che il fuhrer ed i suoi gerarchi puntavano alla creazione di una religione che esaltasse la forza e la potenza del popolo tedesco. Obiettivo primo era la consacrazione della razza “pura” che avrebbe poi fondato un nuovo ordine mondiale, cioè il Terzo Reich. Alla base del mito della razza pura vi era la leggenda di un popolo superiore:gli ariani. Per il nazismo i discendenti di questa stirpe si sarebbero sparpagliati in tutto il mondo ed in particolare in Tibet. Vennero quindi promosse dalla Ahnenerbe spedizioni per provare che la popolazione germanica derivasse da quei discendenti facendo anche esperimenti criminali sui corpi dei tibetani. Provando che i tedeschi erano discendenti degli ariani, si doveva favorire la nascita di una nuova razza. L’antisemitismo e la discriminazione razziale derivano direttamente da questo concetto.

Anche il simbolo scelto per rappresentare il nazismo, la svastica, aveva un forte valore magico. A suggerirla a Hitler era stato un occultista di nome Friedrich Kohn, ma Hitler l’aveva fatta modificare cambiando la direzione delle braccia della svastica: da simbolo solare e positivo a simbolo notturno e negativo. Hitler lanciò i suoi uomini, fra cui le famigerate SS (Schutz-Staffel ovvero “Forza d’Assalto”) in folli avventure come quella della ricerca di Agarthi in Tibet. Non si è sicuri che tale spedizione sia realmente avvenuta; fatto sta che dopo la caduta di Berlino i sovietici trovarono i cadaveri di molti tibetani in uniforme tedesca. Inoltre i colori ufficiali del vessillo nazista sono i colori sacri dell’alchimia vale a dire il nero, il rosso ed il bianco. Queste voci che si intrecciano intorno all’ideologia nazista fanno parte di una filosofia che ha contribuito in misura importante alla formazione culturale di Hitler e dei suoi gerarchi; queste espressioni di modi di essere e di tentativi di approccio alla realtà avevano caratteristiche differenziate, ma, al contempo, erano unite dal comune denominatore dell’irrazionalità.

Il fondatore dell’hitlerismo esoterico fu Heinrich Himmler, il quale, molto più di qualunque altro alto ufficiale del Terzo Reich, compreso Hitler stesso, era affascinato dalle teorie di razza riguardo agli ariani (e non solo i germanici) e da certe forme di neopaganesino tedesco. Si diceva che Himmler si considerasse il successore spirituale (o forse la reincarnazione stessa) di Enrico I di Sassonia, dal momento che stabilì speciali rituali delle SS riguardo a questo re e che riportò le sue ossa alla cripta della Cattedrale di Quedlinburg. Aveva persino decorato con una sua commemorazione la sua abitazione a Wewelsburg.
Nella dottrina nazista, Adolf Hitler veniva riverito come un salvatore mandato da Dio.
Una preghiera,che veniva usata negli orfanotrofi, recita così:

« Führer, mein Führer, von Gott mir gegeben, beschütz und erhalte noch lange mein Leben
Du hast Deutschland errettet aus tiefster Not, Dir verdank ich mein tägliche Brot
Führer, mein Führer, mein Glaube, mein Licht
Führer mein Führer, verlasse mich nicht »

« Führer, mio Führer, datomi da Dio, proteggimi e sostieni la mia vita per ancora molto tempo
hai salvato la Germania dalla miseria più nera, a te devo il pane quotidiano
Führer, mio Führer, mia fede, mia luce
Führer mio Führer, non mi abbandonare »

Come abbiamo già appurato precedentemente il fuhrer era molto attratto dal mondo magico e misterioso a tal punto che decise di suicidarsi il 30 aprile, proprio il giorno che si conclude con la notte di Valpurga, la notte in cui le forze del male celebrano il loro trionfo.

Paolo Perri

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Collaborazione per l’Europa dei popoli con il “Bosanski National Front”

    

Con piacere comunichiamo la presa di contatti con gli eretici bosniaci del BNF, movimento neonato che intende rialzare le sorti del paese bosniaco, paese martoriato da anni difficili e che ancora oggi soffre e vive in condizioni difficili. Noi di Cogitatio Adversa seguiremo ancora più da vicino le vicende del popolo bosniaco e tramite il BNF  tratteremo prossimamente problemi e difficoltà che attanagliano queste splendido paese.

Cogitatio Adversa e BNF insieme per l’Europa dei Popoli!

Noi eretici non gregge, questo è il bello!

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Golpe in Paraguay, cosa cambierà nella geopolitica del Paese Sudamericano?

Ci risiamo. Ritornano i golpe ” istituzionali” in America Latina. Dopo quello in Honduras contro il  liberale Zelaya, ora assistiamo alla destituzione di  Fernando Lugo in Paraguay.
Il senato paraguaiano accusando Lugo(ex vescovo legato alla Teologia della Liberazione, candidato per l’Alleanza Patriottica per il Cambiamento che nell’Aprile 2008 ottenne la vittoria sul Partido Colorado) di inettitudine, mancanza di decoro e di essere responsabile della morte di 15 persone negli scontri a fuoco, avvenuti una settimana fa, tra polizia e contadini che avevano occupato una fattoria agricola di proprietà di un ex senatore del Partido Colorado, lo ha destituito con un voto di impeachement e il vice-presidente Franco ne ha preso il posto. In realtà l’iter per l’impeachement  era iniziato già alla Camera dei deputati e con il voto decisivo della maggioranza del Senato, si e’ messa la parola fine.
Lugo ha dichiarato di accettare la decisione del Senato , ma che la democrazia nella Nazione e’ in grave pericolo.
Molti capi di stato si sono schierati contro la decisione del Senato paraguaiano, a partire dal presidente venezuelano Chavez che ha definito illegittimo l’insediamento di Franco. Critiche sono arrivate anche dai presidenti di Argentina, Bolivia ed Ecuador.
Ovviamente non ci si può fermare alle giustificazioni dei parlamentari paraguaiani contro Lugo. In realtà c’è ben altro dietro. C’è da dire innanzitutto che il Paraguay e’ un paese sì arretrato ed isolato dal punto di vista economico-sociale, ma geopoliticamente molto importante, poiché e’ tra i primi produttori di soia, possiede la piu’ grande centrale idroelettrica al mondo, ha un’importante riserva acquifera nel Guaranì (una delle più grandi al mondo), confina con la regione della Bolivia più ricca di gas e inoltre proprio verso il confine con la Bolivia è ubicata una base militare statunitense dove atterrano caccia e bombardieri. Ora, l’elezione di un presidente di sinistra (anche se nella sua coalizione molti  appoggiano gli interessi dei “terratenientes”) portò ad un cambiamento di potere radicale, poiché l’egemonia politica prima (da circa sessant’anni) era detenuta dal Partido Colorado legato agli Stati Uniti, fortemente conservatore e reazionario e che nel 2008 pure aveva cercato di falsare i risultati elettorali. Il Partido Colorado (che fa gli interessi dell’oligarchia latifondista) si è da sempre dedicato alla repressione dei movimenti sociali contadini che rivendicano la riforma agraria, sovranità nazionale, energetica e alimentare, riforme che rimettano in sesto la sanità, il potenziamento dell’istruzione, dei mezzi di comunicazione, affinché si possano combattere la dilagante corruzione e il forte analfabetismo che affligge il Paese, e riforme anche in campo infrastrutturale. I latifondisti (supportati dagli Usa) vogliono mantenere il Paraguay in condizioni di estrema povertà e analfabetismo e non vedono di buon occhio l’Alleanza Bolivariana per le Americhe, e i contadini hanno riposto le loro speranze nel presidente Lugo, ostacolato anch’esso da alcuni partiti di destra facenti parte della coalizione che l’ha portato all’elezione nel 2008, ma non è che si sia fatto molto, seppur con lentezza si erano visti cambiamenti positivi.
Le destre burattine dei poteri forti, si sono inventate un’ipocrita scusa dando al presidente Lugo la responsabilità della morte di contadini e poliziotti, così sperando di ottenere consenso tra il popolo (costituito da contadini in maggior parte, di per se già nella condizione di un fortissimo analfabetismo) e di far accettare quindi questo autentico golpe. Ma i paraguaiani ,fortunatamente, non sono caduti nella trappola e i primi a protestare sono stati proprio gli agricoltori.
Geopoliticamente il Paraguay è ad un bivio. ”Incastrato” tra Argentina e Brasile, subirà le influenze di questi Stati? Oppure si ”darà” agli avvoltoi Statunitensi i quali hanno forti interessi nella regione e a cui farebbe comodo installare uno stato-avamposto in territorio politicamente e geopoliticamente ostile? Come detto, il partito Colorado ha sempre fatto gli interessi americani non è quindi difficile prevedere come andrà a finir e nemmeno è difficile intuire dietro questo golpe cosa ci sia..Sta di fatto , che chi subisca sia il popolo paraguaiano(e soprattutto la parte più povera), privato della propria sovranità e sottostante ad un governo che nemmeno si degnerà di pensare all’interesse nazionale, per svendere il paese alle solite oligarchie locali e mondiali.
Ma non è comunque scontato che il governo golpista duri, poiché il malcontento potrebbe crescere nelle prossime ore e anche per lo spettro dell’isolamento che incombe sul Paese, visto che si deciderà se espellere il Paraguay dall’Unasur, l’unione delle nazioni sudamericane.
Andrea Altieri
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